Poesie inserite da Davide Bidin

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Scritta da: Davide Bidin

Sudore Intollerante

Viver tra la folla
mentre intorno gente che non conosci
alita pestilenti grugniti
le vecchie del paese
che battibeccano di morti, malattie e pioggia
bambini latranti che stridono
genitori ebbri di noia sordida
l'imbianchino sui soppalchi che vernicia la casa
e fischietta
vigliaccamente fischietta
e ancora il barista che fa il caffè
mentre grassi ragazzetti giocano a pallone
questo casino accerchiante
di apprensione continua
concussiva
un'ansia che sale ed erutta nei tuoi atteggiamenti impacciati
negli zigomi rialzati
nelle smorfie di fastidio
di tolleranza maltenuta
in un'aritmia fuori scala una sudorazione avvampante
che peggiora la situazione
e ancor di più provi fastidio
gli occhi cagneschi e nascosti
la mascella si serra, le spalle si allargano
le mani nelle tasche, il passo cadenzato
sperando di arrivare
due ragazzine sedicenni con una camel in mano per coppia di braccia
le sento parlare
"ho sentito dire che fumare fa invecchiare la pelle"
e io rido sommessamente
pensando e trovando
per un solo istante
un breve tratto di tranquillità
il solo ascoltar le vostre lagnanze da ipocriti mentecatti
mi porterà alla scarnificazione
la fine di ogni buon viaggio
l'Arrivo.
Composta giovedì 22 luglio 2010
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    Scritta da: Davide Bidin

    La Notte non si chiede chi Io Sia

    Qualcosa di nuovo mi è apparso
    mentre camminavo nella notte
    un silenzio che tutto copriva
    come se il mondo fosse, in totale
    simmetrica e composta beltà stridente
    come se niente fosse al posto sbagliato
    dalla cigolante panchina nel prato
    al rivolio inquinato dai cocci verdastri
    fin dalle lontane fronde dell'abete struccato
    silenzio e nulla, se non
    la notte ch'è tutto e niente
    non cerca, non lamenta, né condanna
    perché, essenzialmente, non le interessa
    del barbone che gira pei viali illuminati
    da un'oscura luna
    dalla nuvola arancia che copre il mondo
    di una città periferica
    un piccolo angolo di buio
    che risplende come raggiante e silente
    hotel alla fine del mondo
    la notte
    se ne frega del viandante
    che son io
    che, errabondo scivola nelle strade scapestrate
    corrucciate da, un'immobile, pozza d'acqua
    mentre tra le sterpi più alte si vede il riflesso
    d'un rovo dalle acute spine
    alla notte non importa cosa ricerca
    quel piccolo uomo
    che son io
    perché nella sua fresca lentezza al passaggio
    non nota la cerca ostinata
    di cosa, non si chiede
    forse, un fiato di labbra rubate
    forse, l'ultimo bicchiere di rosso shiraz
    forse, ancora, un suono non rivelato
    o ancora, la mera ispirazione per un'opra nuova
    che poi, son io.
    L'anima mia c'ha tutto si piega.
    Composta domenica 6 giugno 2010
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      Scritta da: Davide Bidin

      La Ballata Dell'Ironico Recluso

      A me interessa derider voi cretini
      quando sento il vostro vociferare
      l'indignazione delle vostre ferite
      il lascito crepuscolare di cose
      che voi non capite

      Ridere della morte e della sua paura
      della prefettura e della clericazia
      della morale che grida stuprata
      dei feti buttati tra i prati
      delle piante a cinque punte recluse per esser nate

      Io rido, mi diverto, sorrido e derido
      Se domani dovessi morir per uno sparo
      con cancro o per un incidente
      riderei col mio spettro sulla tomba
      scritta sulla lapide marmorea "cazzo ti guardi?"

      Aspetterò con corna d'orate o l'ali rattoppate
      Voi che passando mi guarderete disgustati
      "un cimitero con queste scritte ma che schifo"
      Poi un giorno un bambino, un uomo nuovo
      camminando riderà come uno stitico.
      Composta mercoledì 2 giugno 2010
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        Scritta da: Davide Bidin

        Buonanotte Notte

        Fuori sul cornicione
        Con una sera d'estate accerchiante
        Sarà il giorno che chiude il pensiero
        Malinconia depravante

        Una bud nello stomaco
        Una lucky nei polmoni
        La coscienza di non esser buoni
        La finzione dei condannati

        La luna mi consola
        In questa infame notte
        Sapere di costrizione
        Ingiuriare la sorte

        Pensare alle persone
        Al loro trangugiare
        Al disio di morte
        e lo spettro d'invecchiare

        Passan gli anni veloci come ore
        Pazzia nelle stelle, Pazzia nella luna
        Che il cielo preserva e dicon
        Porti sfortuna

        Grido la canzone lugubre
        La coscienza mi protegge
        Non urlo, verbeggio
        Per le anime in pena ch'odono il canto

        Malinconia negl'astri e nei mattoni
        Le dita copron gl'occhi per non vedere
        Anche un insano uomo
        Non è mai condannato

        Alzarsi ancora
        Il freddo sulle mani, il calore delle guancie
        Il sogno di un bacio
        Distante

        Solo mi guardo attorno, nel silenzio
        Una bugia serale
        Nell'ultimo sorso di birra
        Ammiro file di fuochi, dove il respiro divampa.
        Composta sabato 15 maggio 2010
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          Scritta da: Davide Bidin

          Requiescat In Pace

          Ho letto troppe tombe
          Per riposare in pace
          Per tacere
          Mentre fuori ancora
          Piove

          Ho letto troppe lapidi
          Con inciso il loro nome
          Per capire che il mondo
          Non rimane
          Alla sola indignazione

          Son stato al patibolo
          Ricordo i nomi
          Gridati dai corpi esposti
          Distrutti e depredati
          Trangugiati

          c'era un ragazzo che camminava
          Perché la cosa giusta non è mai fermarsi
          Aveva uno spettro
          Quello del cambiamento
          Che con la mano sul ventre l'accarezzava

          c'era un Intelletuale che sapeva
          Ma la conoscenza come ogni cosa
          Se è troppo concentrata
          Va purgata
          La penna ferisce ma non uccide

          c'era un Generale che combatteva
          Non per fierezza né potere
          Ma per guardar negl'occhi i figli
          l'hanno ammazzato
          Perché le lacrime non hanno onore?

          C'era un Credente che predicava
          Una politica d'unione
          Uno stato non di croci ma di cuori
          Ma gli stolti non han bandiera
          Soprattutto i burattini

          c'eran due Compari a caccia di lupini
          Portaron la primavera
          Quando il gelo ghiacciava il sole
          Speranza nel domani
          Vivran sulle nostre gambe

          Ci son tante anime
          Che dormon in collina
          Il loro grido sordo
          Strugge le mie orecchie
          Attarda la mia mente

          Muoion folli i muti
          Mi scopro a ricordar la lor vita
          Con gocce che scendon dalle guance
          Con denti serrati e stretti
          Mentre fissano la luna

          Splendido il ricordo
          Qualcosa, anche se poco
          Perché in giorni come questo
          Solo la morte mi da la forza
          Di alzarmi ancora per sperare.
          Composta martedì 13 aprile 2010
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            Scritta da: Davide Bidin

            Ciò che non Appare

            Odore di gelsomino
            Spruzzata d'olio tra i carruggi
            Pozzanghere mezze piene sui cigli delle strade
            Sprazzi di nubi che muovon il vento

            Il sole che fa capolino aldilà del monte
            Mentre il mare saluta la sera con l'onde
            Il sale incalza tremante le ultime anime attardate
            Venere abbaglia come luna novella

            Cammino ancora tra le vie scoscese
            Cercando invano un motivo
            Che mi porti sulla strada principale
            e mi perdo nascosto in quel portone

            Mi fermo a terra, lo spettro sulla spalla
            Un po' di fumo dalla bocca
            Rende tutto più eloquente
            i marmi sul terreno abbagliano come polvere di stelle

            e una ragazza dai capelli paglierino s'avvicina
            Girato l'angolo da due passi e mi guarda col sorriso
            è giunta anche lei su quel portone e io a terra seduto
            Mi passa accanto e torna tra i carruggi della sera.
            Composta sabato 17 aprile 2010
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              Scritta da: Davide Bidin

              Osservazioni di un Bugiardo

              Siam stati ciechi
              Ottusi
              Immobili guardavamo germogliare
              La triste erbaccia
              Invece di estirparla
              l'abbiam tollerata
              Ed ora
              è troppo tardi

              Cresce senza freno
              Deturpa ciò che di buono
              Di bello
              Ancora c'è
              In questo giardino
              In questo prato che ha molto
              Troppo da offrire
              e che noi abbiam guastato

              Abbiam scelto di non vedere
              Abbiam fatto correre
              Dicendo che
              Non c'era pericolo
              Che
              Non è colpa nostra
              Invece
              Il traditore è alla porta accanto

              Abbiam fatto nostra
              La decadenza di ognuno
              Abbiam lasciato passare
              Quando c'era da lottare
              Da sanguinare
              e merda sputare
              Abbiam serrato i denti
              In una falsa risata

              Preferendo l'accondiscendenza
              Al conflitto
              Preferendo il rimorso
              Al gesto concreto
              Il fine
              Al mezzo
              e ora
              è troppo tardi

              Accettiamo il nostro presente
              Con livore nel cuore
              Preferendo la pace
              Al posto di una società
              Dove la coscienza è regia
              Preferendo lo scettro
              Al colloquio
              Poveri sciocchi

              La colpa non è nostra
              Noi sapevamo cosa stava succedendo
              Sapevamo cosa, le scelte
              Sbagliate
              Avrebbero portato
              Eppure
              Siam rimasti in silenzio
              Muti

              La colpa è solo nostra
              Dovevamo cambiare
              Per rendere diversi
              Per rendere migliori
              Abbiamo perso
              Hanno vinto loro
              Loro hanno vinto
              Annichilimento.
              Composta martedì 23 marzo 2010
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                Scritta da: Davide Bidin

                Roma in un Meriggio di Marzo

                Sole penetrante sul viso
                Capelli che s'agitano scossi
                Il vento accarezza copioso
                Pallido splendore dagli occhi

                Roma da un ponte ammirata
                Tevere che s'agita timido
                Le onde paonazze nascondono
                Un caldo segreto

                Una lucertola tra le sterpi
                Striscia sibilante al mio passo
                Corre a celarsi
                Libera dietro le fronde

                i gabbiani rumoreggiano in cerca di prede
                i flutti reclamano l'agognato mare
                Le macchine al passaggio stridono
                e io rimango, fisso, a pensare

                Quante anime han solcato
                Questo passo che tace
                Chi s'è costretto, oppur per mero diletto
                d'innanzi s'è trovato a passare?

                Io
                Chi sono per professare
                Tale immane paura di sereno?
                Tale baleno?

                Chi Io
                Rappresento in questo piano?
                Son solo l'onda più mesta
                Che s'infrange pacata

                Ma accetta la vista
                Di chi percorrendo il marmo bollente
                s'è seduto tra la polvere e il saluto
                a scrivere con penna su foglio

                t'amo giornata mia così solitaria
                t'amo attimo di brezza mite
                e ancora t'amo momento lieto sì raro
                Di fiume e sterpi chel sereno a me unite

                Finisco il salasso dal fiume
                Concludo la riflessione
                Questo sole calerà come sempre
                Ma l'impresso resterà come dono

                Di un Meriggio a Roma di Marzo.
                Composta sabato 13 marzo 2010
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                  Scritta da: Davide Bidin

                  Visione del Mare di un Morto Vivente

                  D'innanzi al mare
                  Oscuro il sentore
                  Lo scrosciare vicino
                  Sento onde ammazzare
                  Il vento, il movimento
                  Nient'altro ch'èl mare

                  Ammiro nella notte
                  Nella tenebra palpitante
                  Nell'oscurità sconfortante
                  Un folleto che mortifica
                  l'uomo, l'esistenza
                  Il rimasuglio dell'essenza

                  Ammiro lontano
                  Sopra questo scoglio
                  Ove son seduto
                  Lontano a men due passi
                  l'acqua che dall'onde
                  Scroscia sopra me

                  Guardo
                  Il nero sentiero
                  Il muro che cela
                  Nient'altro
                  Che nero
                  Nero Nulla, Nero Niente

                  Indifferente luna
                  Guarda sopra le nubi
                  Tra esse mentre si diradono
                  Mostrando strade di luce
                  Il tondo diritambo
                  Il sacro rumore di dubbi dell'imo

                  La stesa accecante
                  Di Buio e'tenebra
                  Di splendore d'acqua vitrea
                  Che non avvisa
                  Non spiega né avvera
                  Non significa

                  Intanto il mio corpo
                  Si culla
                  In mare
                  Nel mare
                  Dal mare
                  Per niente.
                  Composta mercoledì 24 febbraio 2010
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                    Scritta da: Davide Bidin

                    A Nostra Signora della Malattia

                    Nostra signora dellà Malattia
                    Noi ti preghiamo
                    Possa la tua forza contundermi
                    Possa il tuo spettro possedermi
                    e la tua volontà affliggermi

                    Nostra signora dellà Malattia
                    Noi ti invochiamo
                    Giacenti in confortevoli letti
                    Nella gelida penitente nausea
                    Nell'atroce palpitante febbre

                    Poiché sappiamo
                    Cosa si prova a sentirti viva
                    Mentre noi moriamo

                    Malattia
                    Che di noi ti nutri
                    Che con noi giochi

                    Possa una volta conclusasi l'opra tua
                    Piangere lacrime di sangue
                    Come hai fatto a noi uscire
                    Nell'amare le tue spoglie stupranti

                    Possa tu stessa provare,
                    Quando non ci sarà più vita alcuna,
                    Quando ogni gemma essiccherà
                    La croce dell'inutilità.
                    Composta giovedì 2 luglio 2009
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