Scritta da: Andrea De Candia
Sul mio ventre non crescono dolcezze.
Arido muschio ed escrescenze, pustole.
L'acqua volge il capo altrove
ogni mattina e sempre più malvagia
si fa la mia vagina infeconda.

I giacinti vogliosi, le turrite
margherite gialle e quel canto
di stelle filanti. Tutto inghiottito
dal paradiso di cicale allocche
dai mesti funerali d'albe spente.
Maria Marchesi
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    Scritta da: Andrea De Candia
    Le ore spente le spente chimere
    di lumi che fuggono angosciati.
    Morti lasciati lì a imputridire
    nel soffio deleterio dell'abbraccio
    di ragni troppo grandi troppo orrendi.

    Non c'è pietà per gli orli, pei tamburi
    che restano chiuso dentro il sogno
    del suono. Vanno a schiera
    le svergognate aurore a passo lento
    e non una che sosti non un brivido
    che le costringa o le condanni al giogo
    dolce dei miei sussurri.
    Maria Marchesi
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      Scritta da: Andrea De Candia
      Chi mi costrinse a ingoiare rane
      e coccodrilli e tegami, bottiglie?
      Avevano una voce e mi ci coricai
      avida di carezze. Facevo le rincorse
      sui davanzali e ingiuriavo l'alba
      con congetture orribili. Il sogno
      si arenava nel murmurare inquieto
      delle ascelle sudate, nel rimario
      analfabeta del vento, nell'orgasmo
      dal sapore di calvario.
      Maria Marchesi
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        Scritta da: Andrea De Candia
        Agisci nel silenzio
        come una biscia insidiosa
        convinta che nessuno si accorga
        della tua libidine e della tua avidità
        e convinta che il tempo sia assenza,
        e invece è rumore assordante,
        fiele e voce maleodorante di narciso.
        Il tempo con la sua malattia degli addii,
        con la sua facoltosa fanfara di residui,
        con il suo vorticoso e dirompente grido
        ti ha schiavizzata, oh povera,
        oh incatenata
        al tuo compito di ragioniere,
        oh sperma amaro della solitudine.
        Maria Marchesi
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