Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Mario Biasiotti
in Poesie (Poesie d'Autore)
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere "noi" in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.

Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l'un l'altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia...

Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
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    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Dai il meglio di te
    Se fai il bene, ti attribuiranno
    secondi fini egoistici
    non importa, fa il bene.
    Se realizzi i tuoi obiettivi,
    troverai falsi amici e veri nemici
    non importa realizzali.
    Il bene che fai verrà domani
    dimenticato.
    Non importa fa il bene
    L'onestà e la sincerità ti
    rendono vulnerabile
    non importa, sii franco
    e onesto.
    Dà al mondo il meglio di te, e ti
    prenderanno a calci.
    Non importa, dà il meglio di te.
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      Scritta da: Andrew Ricooked
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Fuori posto

      Brucia all'inferno
      questa parte di me che non si trova bene in nessun posto
      mentre le altre persone trovano cose
      da fare
      nel tempo che hanno
      posti dove andare
      insieme
      cose da
      dirsi.

      Io sto
      bruciando all'inferno
      da qualche parte nel nord del Messico.
      Qui i fiori non crescono.

      Non sono come
      gli altri
      gli altri sono come
      gli altri.

      Si assomigliano tutti:
      si riuniscano
      si ritrovano
      si accalcano
      sono
      allegri e soddisfatti
      e io sto
      bruciando all'inferno.

      Il mio cuore ha mille anni.
      Non sono come
      gli altri.
      Morirei nei loro prati da picnic
      soffocato dalle loro bandiere
      indebolito dalle loro canzoni
      non amato dai loro soldati
      trafitto dal loro umorismo
      assassinato dalle loro preoccupazioni.

      Non sono come
      gli altri.
      Io sto
      bruciando all'inferno.

      L'inferno di
      me stesso.
      Composta domenica 3 gennaio 2010
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il Risorgimento

        Credei ch'al tutto fossero
        In me, sul fior degli anni,
        Mancati i dolci affanni
        Della mia prima età:
        I dolci affanni, i teneri
        Moti del cor profondo,
        Qualunque cosa al mondo
        Grato il sentir ci fa.

        Quante querele e lacrime
        Sparsi nel novo stato,
        Quando al mio cor gelato
        Prima il dolor mancò!
        Mancàr gli usati palpiti,
        L'amor mi venne meno,
        E irrigidito il seno
        Di sospirar cessò!

        Piansi spogliata, esanime
        Fatta per me la vita
        La terra inaridita,
        Chiusa in eterno gel;
        Deserto il dì; la tacita
        Notte più sola e bruna;
        Spenta per me la luna,
        Spente le stelle in ciel.

        Pur di quel pianto origine
        Era l'antico affetto:
        Nell'intimo del petto
        Ancor viveva il cor.
        Chiedea l'usate immagini
        La stanca fantasia;
        E la tristezza mia
        Era dolore ancor.

        Fra poco in me quell'ultimo
        Dolore anco fu spento,
        E di più far lamento
        Valor non mi restò.
        Giacqui: insensato, attonito,
        Non dimandai conforto:
        Quasi perduto e morto,
        Il cor s'abbandonò.

        Qual fui! Quanto dissimile
        Da quel che tanto ardore,
        Che sì beato errore
        Nutrii nell'alma un dì!
        La rondinella vigile,
        Alle finestre intorno
        Cantando al novo giorno,
        Il cor non mi ferì:

        Non all'autunno pallido
        In solitaria villa,
        La vespertina squilla,
        Il fuggitivo Sol.
        Invan brillare il vespero
        Vidi per muto calle,
        Invan sonò la valle
        Del flebile usignol.

        E voi, pupille tenere,
        Sguardi furtivi, erranti,
        Voi dè gentili amanti
        Primo, immortale amor,
        Ed alla mano offertami
        Candida ignuda mano,
        Foste voi pure invano
        Al duro mio sopor.

        D'ogni dolcezza vedovo,
        Tristo; ma non turbato,
        Ma placido il mio stato,
        Il volto era seren.
        Desiderato il termine
        Avrei del viver mio;
        Ma spento era il desio
        Nello spossato sen.

        Qual dell'età decrepita
        L'avanzo ignudo e vile,
        Io conducea l'aprile
        Degli anni miei così:
        Così quegl'ineffabili
        Giorni, o mio cor, traevi,
        Che sì fugaci e brevi
        Il cielo a noi sortì.

        Chi dalla grave, immemore
        Quiete or mi ridesta?
        Che virtù nova è questa,
        Questa che sento in me?
        Moti soavi, immagini,
        Palpiti, error beato,
        Per sempre a voi negato
        Questo mio cor non è?

        Siete pur voi quell'unica
        Luce dè giorni miei?
        Gli affetti ch'io perdei
        Nella novella età?
        Se al ciel, s'ai verdi margini,
        Ovunque il guardo mira,
        Tutto un dolor mi spira,
        Tutto un piacer mi dà.

        Meco ritorna a vivere
        La piaggia, il bosco, il monte;
        Parla al mio core il fonte,
        Meco favella il mar.
        Chi mi ridona il piangere
        Dopo cotanto obblio?
        E come al guardo mio
        Cangiato il mondo appar?

        Forse la speme, o povero
        Mio cor, ti volse un riso?
        Ahi della speme il viso
        Io non vedrò mai più.
        Proprii mi diede i palpiti,
        Natura, e i dolci inganni.
        Sopiro in me gli affanni
        L'ingenita virtù;

        Non l'annullàr: non vinsela
        Il fato e la sventura;
        Non con la vista impura
        L'infausta verità.
        Dalle mie vaghe immagini
        So ben ch'ella discorda:
        So che natura è sorda,
        Che miserar non sa.

        Che non del ben sollecita
        Fu, ma dell'esser solo:
        Purché ci serbi al duolo,
        Or d'altro a lei non cal.
        So che pietà fra gli uomini
        Il misero non trova;
        Che lui, fuggendo, a prova
        Schernisce ogni mortal.

        Che ignora il tristo secolo
        Gl'ingegni e le virtudi;
        Che manca ai degni studi
        L'ignuda gloria ancor.
        E voi, pupille tremule,
        Voi, raggio sovrumano,
        So che splendete invano,
        Che in voi non brilla amor.

        Nessuno ignoto ed intimo
        Affetto in voi non brilla:
        Non chiude una favilla
        Quel bianco petto in sé.
        Anzi d'altrui le tenere
        Cure suol porre in gioco;
        E d'un celeste foco
        Disprezzo è la mercè.

        Pur sento in me rivivere
        Gl'inganni aperti e noti;
        E, dè suoi proprii moti
        Si maraviglia il sen.
        Da te, mio cor, quest'ultimo
        Spirto, e l'ardor natio,
        Ogni conforto mio
        Solo da te mi vien.

        Mancano, il sento, all'anima
        Alta, gentile e pura,
        La sorte, la natura,
        Il mondo e la beltà.
        Ma se tu vivi, o misero,
        Se non concedi al fato,
        Non chiamerò spietato
        Chi lo spirar mi dà.
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          Scritta da: Dario Pautasso
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          La morte si fuma i miei sigari

          Sai com'è: sono qui ubriaco ancora
          una volta
          e ascolto Chajkovskij
          alla radio.
          Gesù, lo sentivo quarantasette anni
          fa
          quando ero uno scrittore morto di fame
          ed eccolo qui
          di nuovo
          ora io sono uno scrittore con un po'
          di successo
          e la morte va
          su e giù
          per questa stanza
          e si fuma i miei sigari
          beve qualche sorso del mio
          vino
          mentre il vecchio Pietro continua a darci dentro
          con la sua "Patetica",
          ho fatto un bel pezzo di strada
          e se ho avuto fortuna è
          perché ho tirato bene
          i dadi:
          ho fatto la fame per l'arte, ho fatto la fame per
          riuscire a guadagnare cinque dannati minuti, cinque ore,
          cinque giorni,
          volevo soltanto buttare giù qualche
          frase,
          il successo, il denaro non importavano:
          io volevo scrivere
          e loro volevano che stessi alla pressa meccanica,
          in fabbrica alla catena di montaggio
          volevano che facessi il fattorino in un
          grande magazzino.

          Bè, dice la morte, passandomi accanto,
          ti prenderò comunque,
          non importa quello che sei stato:
          scrittore, tassista, pappone, macellaio,
          paracadutista acrobatico, io ti
          prenderò...
          okay, baby, le dico io.
          Adesso ci beviamo qualcosa insieme
          mentre l'una di notte diventano
          le due
          e lei solo sa
          quando verrà il
          momento, ma oggi sono
          riuscito a fregarla: mi sono preso
          altri cinque dannati minuti
          e molto di
          più.
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            Scritta da: Dario Pautasso
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Stile

            Lo stile è una risposta a tutto.
            un nuovo modo di affrontare un giorno noioso o pericoloso
            fare una cosa noiosa con stile è meglio che fare una cosa pericolosa senza stile.
            fare una cosa pericolosa con stile è ciò che io chiamo arte.
            La corrida può essere arte
            Boxare può essere arte.
            Amare può essere arte.
            Aprire una scatola di sardine può essere arte.
            Non molti hanno stile.
            Non molti possono mantenere lo stile.
            Ho visto cani con più stile degli uomini,
            Sebbene non molti cani abbiano stile.
            I gatti ne hanno in abbondanza.

            Quando Hemingway si è fatto saltare le cervella con un fucile, quello era stile.
            Alcune persone ti insegnano lo stile.
            Giovanna d'Arco aveva stile.
            Giovanni il Battista.
            Gesù
            Socrate.
            Cesare.
            García Lorca.
            In prigione ho conosciuto uomini con stile.
            Ho conosciuto più uomini con stile in prigione che fuori di prigione.
            Lo stile è una differenza, un modo di fare, un modo di esser fatto.
            Sei aironi tranquilli in uno specchio d'acqua, o tu, mentre esci dal bagno nuda senza
            vedermi.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Elogio dei sogni

              In sogno
              dipingo come Vermeer.

              Parlo correntemente il greco
              e non soltanto con i vivi.

              Guido l'automobile,
              che mi obbedisce.

              Ho talento,
              scrivo grandi poemi.

              Odo voci
              non peggio di autorevoli santi.

              Sareste sbalorditi
              dal mio virtuosismo al pianoforte.

              Volo come si deve,
              ossia da sola.

              Cadendo da un tetto
              so cadere dolcemente sul verde.

              Non ho difficoltà
              a respirare sott'acqua.

              Non mi lamento:
              sono riuscita a trovare l'Atlantide.

              Mi rallegro di sapermi sempre svegliare
              prima di morire.

              Non appena scoppia una guerra
              mi giro sul fianco preferito.

              Sono, ma non devo
              esserlo, una figlia del secolo.

              Qualche anno fa
              ho visto due soli.

              E l'altro ieri un pinguino.
              Con la massima chiarezza.
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