Poesie inserite da Antonio Prencipe

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Scritta da: Antonio Prencipe

Amore Condannato

Quanti respiri stracciati
si inginocchiano silenziosi ai piedi del mondo.
Portati via il colore
chiaro dei tuoi occhi.
Su questo tavolo di legno
ti sei squarciata i polsi.
Su questa sedia di vimini invecchiata
i pensieri grondavano come acqua
rimasta incastonata nel fuoco.
Stringi di più queste mani
perché mentre tu muori io sto vivendo.
Accarezza di più questo petto nudo,
senti questo cuore suicida che ormai
affoga nel dolore dolcemente con te.
Non girare lo sguardo
sento ancora gli ultimi sguardi di vita.
Oltre al dolore cosa mi hai dato?
Io ero il tuo amore e tu mi hai condannato.
Tu eri tutto anche quando da terra
raccoglievo il tuo sangue.
Dormivamo in riva al mare
e dopo tre anni su quella stessa riva
mi hai fatto scoppiare il cielo
e l'anima in un secondo violento.
Amore condannato ma perché ti ho pianto,
ma perché ti ho amato.
Smidollata come pochi tranciavi le vene.
Ti reputavi violentata ed è per questo
che ti sei ammazzata.
Amore condannato con l'aceto le lacrime.
Con il sangue la vernice.
Con il sole l'arancione della ruggine.
Sputo in faccia ai tuoi baci.
Cambiare vita è stato facile.
Strappare le foto assieme è stato difficile.
L'odio sta bruciando...
E noi mano nella mano camminavamo
a passi lenti nel tuo suicidio.
Forse all'inferno, forse nella fossa umida
ma ci rivedremo e forse
questa volta ti bacerò le labbra.
Composta domenica 15 gennaio 2012
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    Scritta da: Antonio Prencipe

    Cosa lascerò di me in questa terra arida?

    Fermiamo gli occhi un attimo...
    Prendi il fucile...
    Spara, fai cadere il destino a terra,
    osservalo e raccontargli di te...
    Di noi, di me e di tutto il sudore
    che bagna la fronte levigando le lacrime.
    Il riflesso del mio viso vedrò
    implodere nell'aria secca come l'autunno.
    Cosa lascerò di me in questa terra arida?
    Forse la nostalgia, la malinconia,
    la tristezza mio amore fuggita via
    con la pazzia sorella eterna...
    E nessuno sa cosa significa evitare
    gli specchi per paura di potersi osservare,
    vedere i segni, le mani di coloro
    che hanno violato il corpo distratto.
    Lo specchio mi sbatte in faccia la realtà
    e vomito, vomito sangue e nuvole di bronzo.
    Ho abbracciato troppe volte
    le fiamme dell'inferno e mi rendevo conto
    che solo quel calore poteva rendermi felice.
    Amo la vita e nonostante l'età
    ho imparato a comprendere la verità celata
    dietro una mancanza ed anche se il passato
    continua a tornare e ad uccidere il cuore
    io lo amo come un angelo in un cielo sconosciuto.
    Cosa lascerò di me in questo terra arida?
    La bellezza che ricopre l'anima schiva mia.
    La paura di essere normale.
    Prendere la mano di un'amica
    tenerla stretta e rinunciare all'amore
    per paura di cambiare, di essere sereni.
    Lascerò il mio passato brillare
    nella luce del giorno per poterlo
    vedere più soddisfatto e magari abbracciarlo.
    La bellezza stringevo tra le mani
    un inganno senza colore...
    Desiderare un respiro così forte
    da vederlo solleticare il collo...
    Cosa lascerò di me in questa terra arida?
    La mia sofferenza,
    il mio mal di testa,
    il mio non saper amare, la mia grinta...
    La mia forza nascosta dentro un pianto.
    Composta lunedì 9 gennaio 2012
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      Scritta da: Antonio Prencipe

      Fiori rotti in ricordo del tuo cuore

      Strapperai le lacrime cadute
      dai miei occhi sulle tue labbra...
      A mani nude scavavi nel mio petto,
      cercando bastarda il cuore masochista,
      ti avevo anticipata...
      Nascosto nelle galere senza Dei o Santi
      cercavo di venderlo alle aste di quartiere
      in cambio di tempi migliori da ammazzare
      come pipistrelli scomparsi nella luce.
      Non fa rumore uno sguardo umiliato,
      resta solo nascosto sotto la roccia
      a contare i soffi di vento...
      Hanno costruito piramidi di cielo
      troppo grandi...
      Dividono le mie urla dalle tue.
      E come ti ho amato tenera egoista
      nemmeno il sole bagnato dalla sfuggente
      scia di stelle può saperlo.
      E come ti ho odiato nemmeno la disumana
      spiaggia di pietre e falsi idoli d'amore
      può saperlo e giudicarlo invano.
      Nel mare cristallino un cuore che muore
      riesce a specchiarsi e ad osservare
      i battiti scomparire nelle onde...
      Ridevo, piangevo, soffocavo
      l'unica che non se ne accorgeva eri tu.
      E rimanere di nuovo solo
      come un granello di cenere...
      Ricercare l'amore di nuovo mi fa male.
      Male come mi hai fatto tu perché
      hai scelto per te senza pensare a me
      che sulla tua lapide ripongo ancora fiori rotti.
      Rotti come l'amore e la vita che tu hai rotto,
      frantumato e schiacciato sotto
      i passi della tua anima distratta...
      Aspetto l'inverno per poter
      dar una scusa valida al freddo
      che lacera il mio corpo,
      la mia anima crudele, sensibile.
      Composta mercoledì 4 gennaio 2012
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        Scritta da: Antonio Prencipe

        Aliti bianchi

        L'ironia della notte è il trovar
        l'anima atea scalza per casa che prega
        l'assenza di un cuore pulsante
        nel corpo arido di vento.
        Dio necessita di anime innocenti in paradiso
        ecco perché prende con se le anime
        dei bimbi colpevoli di essere nati...
        Loro soffrono prima di conoscere
        gli aliti bianchi della morte inutile.
        La sofferenza non è mai innocente...
        Coloro che soffrono non sono mai
        "anime innocenti" ma anime dannate tradite
        da colui che a mani nude ripulirà
        i peccati mai commessi.
        Fermare il fuoco che brucia
        un corpo deturpato da un petalo di rosa.
        Gelare i sentimenti di un essere
        insano come me nell'oblio
        di un sogno irraggiungibile.
        Puntare una pistola sul capo martoriato
        di un angelo clandestino.
        Strapparsi le ali e venderle al demonio.
        E poi saltare dalla montagna
        di cielo più alta senza più vita in tasca
        e tornare tra le tue braccia
        Amore suicida di tiepide mancanze.
        Quanto costa naufragare negli sbagli
        incostanti di un ragazzo vivo
        per paura di non morire.
        Quanto vale una rinascita se la vita
        non scommette un po' sul
        dolore di un mare morente.
        Composta mercoledì 28 dicembre 2011
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          Scritta da: Antonio Prencipe

          L'anima è già in vetrina

          Abbiamo già l'anima in vetrina.
          I poeti di tramonti deserti credono
          alla libertà senza amore...
          Non sappiamo dire si o no se dal viso
          un sorriso spontaneo come una carezza
          fatta da un bambino che piange gridando
          nasce piano...
          Sia maledetta la dolcezza della gente.
          Freddi, belli, dannati sono gli occhi
          dei poeti incompresi come noi.
          Abituati a proteggerci da ciò che vogliamo...
          La vita è un tuono arrivato per caso.
          Ci si ritrova orfani di vita e di poesia
          come una candela spenta dal tempo.
          Arriva il giorno in cui i versi di un cuore
          quasi morente riempie i vuoti e nell'incoscienza
          di una sera assurda carnefice
          la poesia arriva muta e selvaggia.
          Solo il dolore potrà comprenderci
          e darci consiglio...
          Beati coloro che amano ancora un'amore
          da abbracciare quando ci si sente delusi
          e baciare di giorno nella brezza mattutina.
          Noi amiamo l'impossibile, viviamo per lui
          ogni istante disperso nel cemento armato.
          Stanchi di respirare...
          Stanchi di invidiare la gente comune felice
          mentre noi immobili col volto chino
          intendo a scrivere e osservare pezzi d'anima
          che cadono a terra schivando le lacrime
          d'acciaio che di notte non tacciono
          gridano furiose come il nostro silenzio.
          Le persone comuni non conoscono
          il valore del dolore...
          Noi con il pugnale della misericordia
          cerchiamo ogni giorno di lacerare il suo interno
          per poter così vivere in pace nell'inferno.
          I poeti nascono sbagliati al centro
          di una via nascosta nella grandine.
          L'aborto di una nuvola nel corpo maledetto.
          Abbiamo smesso di guardare lassù
          non abbiamo più paura di gridare...
          E chi se ne frega della morte lei
          ascolterà la luce spegnersi come una mamma
          in cerca di un altro motivo per cui vivere.
          Poeti felici non si sono mai visti...
          Eternamente insoddisfatti, tristi
          ma sempre con il sorriso bello,
          eterno sulle labbra ferite dal tormento.
          Composta domenica 25 dicembre 2011
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            Scritta da: Antonio Prencipe

            Hai scelto il mare nero

            Un chiosco in riva al mare
            ospitava l'aspettata festa...
            Era il giorno del suo compleanno,
            regali e auguri sul tavolo di cristallo...
            Il suo Matrimonio incombeva.
            Sguardo da guerriera innamorata.
            Occhi verdi di pantera.
            Capelli grano oro.
            Francesca beveva vino mentre la luna rossa
            cadde in acqua facendo rumore...
            Si spense la candela di un altro anno
            che se ne va rubando l'Alba
            di questa triste lontananza.
            Urlò il mare...
            Un urlo acuto che squarciò i sassi
            e derise gli angeli.
            Un corpo galleggiava, il viso nell'acqua
            cercava l'ultimo respiro di Vita.
            Tra le dita un anello dorato...
            Negli occhi spenti la luce cercava
            il bianco della morte prendere il sopravvento.
            Pianse Francesca la ragazza
            era sua amica, era la festeggiata...
            Amava un uomo che l'aveva tradita.
            Scelse l'egoismo, la via della persa speranza.
            Addio...
            Il Matrimonio l'attendeva...
            Abito bianco di seta, rose bianche
            sul tappeto rosso...
            Lei dopo la violenza carnale che colpì
            sua sorella dalle mani nude del suo uomo
            amato più dell'aria che essa respirava
            spiò dietro la porta della morte,
            la disperazione, la vergogna
            e l'odio per quell'uomo la quale lei
            aveva rinunciato a tutto la portarono
            nelle mani di quella morte maledetta...
            Amavi ed ora il tuo amore
            ti ha lasciato affogare nel mare nero
            come i baci e le promesse che lui ti donò.
            La troverà la sera dispersa nei tramonti.
            Il poeta racconta il dolore
            che sulla strada tortuosa incrocia
            attraverso chi intravede i suoi sguardi...
            Il poeta non teme la morte.
            Composta lunedì 12 dicembre 2011
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              Scritta da: Antonio Prencipe

              La figlia della nebbia

              Lui non si vergogna...
              Brava piccola conta fino a dieci
              che papà ti porta in campagna
              a guardare i cavalli che in quei
              giorni ingordi ti strappavano un sorriso.
              Mamma ingoia la verità
              in grazia di Dio se ne andato,
              nella fossa scaveremo piano
              l'incesto gesto...
              Piccola continua a giocare...
              Rincorri l'ingenuità papà
              arriverà a passi lievi come un incubo
              nascosto sotto il cuscino.
              Mamma non credeva alle parole
              di una figlia straziata, umiliata.
              Negli occhi della gente pareva
              un uomo distinto il tuo papà...
              Mamma non voleva vedere i passi
              assordanti dirigersi pian piano
              nella cameretta dorata...
              Brava bambina fai la donna,
              soffri in silenzio con un nodo
              all'anima e un cuore deturpato...
              Nascondi i tuoi occhi al sole
              il buio tuo unico amico nel letto
              ti coprirà come un fratello...
              La luce del tempo ti regalerà
              di nuovo quella purezza portata via
              d'avanti ad un crocifisso...
              Hai chiuso a chiave te stessa.
              Portavi margherite alla maestra strappavi
              i petali per fargli capire cosa significa
              essere figli della nebbia.
              Si faceva troppo presto sera.
              Ti sfondava il corpo, teneva larghe le gambe,
              il sangue macchiava le lenzuola bianche...
              E in quei lordi momenti morivi
              dentro una lacrima...
              Dodici anni la luna caduta accanto al capo,
              il sangue consumato dal vento.
              Piangere è impossibile
              una margherita decapitata sulla lapide muta
              in ricordo della nebbia che offuscava
              gli anni morti assieme lui.
              Si cresce e la meta è ancora lontana...
              E chissà se un giorno si potrà
              urlare con accanto un arcobaleno
              da osservare: "Vita io ti difendo non ti cambio".
              Si sta così bene nella rabbia che perdonare
              diventa impossibile.
              Niente ricopriva il tuo corpo
              solo un sorriso in onore del tuo aguzzino.
              Composta venerdì 16 dicembre 2011
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                Scritta da: Antonio Prencipe

                Anime di diamante acerbe

                Bisogna sapere fingere per poter
                imparare ad essere felici...
                Nella mia adolescenza parole mozzate
                pesanti come il piombo.
                M'incammino alla ricerca d'umanità
                con la testa chinata, calpestata
                dai commenti delle gente
                sul mio corpo sporchi.
                Come può un padre offendere un figlio.
                I figli sono il frutto dell'egoismo
                di due persone che non pensano
                al futuro ma solo alla loro voglia d'amare.
                I figli sono le chiavi del tormento
                quelle che aprono i respiri
                affannosi del dolore...
                Ci raccoglieremo da terra perché
                si deve andare avanti e lo si fa
                per gli altri mai per noi stessi.
                Delle volte i figli non sono altro
                che il risultato acerbo di uno sbaglio
                costretto a trasformarsi in amore...
                Nato già tradito...
                Mi acclamavano mille poesie vendute
                all'odio per sentirsi un po' più amati.
                Questa casa puttana ha nascosto
                i colori della felicità a noi stessi...
                Donai il cuore ed ebbi in cambio
                un po di solitudine da accarezzare.
                Regalai il mio corpo ed ebbi in cambio
                un'anima che non sapeva cosa volevo io...
                Ebbi in cambio i soldi serviti a comprare
                una storia finita su un letto amaro.
                Stare nella merda e sentire
                l'odore di verità pugnalare il viso
                tenuto stretto fra le mani spoglie di fantasia.
                Il destino morsicato...
                Allontanare ancora una volta la provvidenza
                che ci tiene appesi come marionette
                sostenute da ipocriti fili argentati.
                Noi figli ci sentiamo soli
                tra una guerra e un insulto...
                La voce di una psicopatica forse potrà
                far crollare il muro d'egoismo che ci circonda.
                Siamo sempre più niente noi figli...
                Non abbiamo più viaggi da ricordare
                al mondo se no quell'ultimo
                bacio su quel fiume dimenticato da noi
                con quell'anima di diamante
                scomparsa lì accanto ai sogni.
                Composta mercoledì 14 dicembre 2011
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                  Scritta da: Antonio Prencipe

                  Un misero giorno di Marzo vissuto in cattività

                  La mia vita è come il ridere di un bambino...
                  Forte, fragile, vero ma doloroso
                  per tutti quelli che lo ascoltano
                  e che dentro muoiono confondendo
                  la primavera per un misero giorno di Marzo.
                  Così sbandato è il gergo dei pazzi
                  che credere di salvarsi è già un miracolo.
                  Conteranno le foglie
                  i serpenti nascosti nelle rocce.
                  Si eclisseranno le maschere di rame perdute
                  nell'appannarsi lento di un cuore graffiato.
                  E se i bambini piangono io perché vivo.
                  E se le aquile ormai non volano più
                  io perché perdo tempo raccogliendo
                  le piume strappate a morsi dal gridar lento
                  di un figlio di puttana come me.
                  Alla fermata del tram la gente osserva
                  le stagioni cambiare, le anime
                  infrangersi e gli sguardi perdersi
                  tra un sorriso e una parola
                  nel fittizio stupro di un inizio.
                  Il passato apre gli occhi anche ai ciechi
                  che luce non toccano senza prima sfiorare
                  il buio di un bacio lasciato
                  incatenato nel disperato vento...
                  Ringrazierò sempre quelli che si spogliano
                  sui marciapiedi in periferia dell'inverno
                  mettendo in mostra il corpo al dolore
                  che lividi non lascia privando all'orgoglio
                  la magia di un pianto spontaneo.
                  Al ristorante del futuro si sbatte
                  la testa contro le pareti di cemento,
                  si pensa al presente vissuto in cattività
                  e all'amore da mandare a fan culo.
                  C'è chi nascerà sotto i borghi con
                  la valigia in mano e con un padre
                  che in fondo non ha mai concluso niente...
                  S'imbarcherà lontano in cerca di isole
                  perse nel mezzo della perversione lottando
                  invano contro l'impotenza del mondo.
                  Fumarsi l'ansia distesi su un prato
                  di fiori invecchiati da estirpare,
                  trovarsi soli a parlare con un cane randagio
                  e chiedergli: "Perché l'amore sopravvive
                  soltanto accanto al dolore?".
                  Freddo e distaccato sono io
                  come i passi astratti dell'Iddio.
                  Composta venerdì 9 dicembre 2011
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                    Scritta da: Antonio Prencipe

                    Amore nero nel cuore ghiacciato

                    Il cervello è caduto
                    assieme all'anima sul pavimento di ceramica...
                    Non si rompe... si squarcia
                    come un cristallo troppo fragile.
                    E le mie angosce divengono vertigini,
                    i passi inquieti come le mura
                    del mio egoismo si sgretolano
                    funesti al suono della tua voce.
                    In fondo all'estate non c'è più
                    l'anima dispersa tua.
                    Solo grasso dolore che invade
                    il tuo grigio è scheggia assordante
                    tra le polveri della tua anima infranta
                    alle sorde orecchie dei finti cuori.
                    Nascondendo le preghiere fatte sotto le coperte
                    stringevo forte il respiro
                    annunciando il mio canto spietato
                    contro l'immane dramma che è la vita
                    porgendo alla mia dignità
                    le mie più sentite condoglianze.
                    Diviene inverno e non so più muovermi
                    il ghiaccio penetra e tu lecchi
                    avventata il ghiacciolo
                    amaro delle mie ferite.
                    Speri di spegnere questa macchina
                    infernale senza amore
                    che spara sentimenti nel tuo ventre viscido.
                    Io sono quello che il tempo
                    e il dolore mi hanno fatto diventare
                    scuoti la testa ignara,
                    mi porgi il fagotto dolce
                    del tuo cuore pulsante cercando
                    di ridar vita a noi.
                    Sei intrepida ma la risposta è sorda,
                    cieca... si perde nel baratro
                    delle preghiere nere.
                    Guerra fredda, silenzio assoluto
                    sotto le labbra sole
                    come i raggi dell'amore che ormai
                    non ci sfiorano più.
                    Rinasceremo insani domani
                    in un campo di grano nero
                    emarginati dal tempo e da noi stessi.
                    Composta venerdì 2 dicembre 2011
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